Negli ultimi anni abbiamo assistito a un aumento delle diagnosi di carcinoma mammario nelle donne under 40. Grazie ai progressi nel trattamento di questa patologia, un numero sempre maggiore di pazienti guarisce, di conseguenza, gli effetti a lungo termine delle terapie antitumorali, il mantenimento di una qualità di vita e gli aspetti legati alla vita riproduttiva della donna stanno diventando sempre più rilevanti.
I trattamenti medici sistemici possono causare infertilità, sia temporanea che permanente, a causa di danni diretti o indiretti agli organi riproduttivi. L’infertilità dovuta ai trattamenti antitumorali e il disagio psico-sociale che ne deriva sono temi di crescente importanza, non solo per il miglioramento della prognosi dei pazienti oncologici, ma anche per il ritardo dell’età alla prima gravidanza nei paesi occidentali. Diventa quindi imprescindibile parlare di preservazione della fertilità.
Si è osservato inoltre anche un sensibile aumento dei casi di carcinoma mammario associato alla gravidanza. Il carcinoma mammario associato alla gravidanza (PABC pregnancy associated breast cancer) viene definito convenzionalmente come la neoplasia diagnosticata dall’inizio della gravidanza fino a un anno dopo il parto, oppure fino alla fine dell’allattamento. L’incidenza riportata varia da 1 caso ogni 3.000 a 1 ogni 10.000 gravidanze, rendendo il carcinoma mammario la patologia oncologica più frequentemente diagnosticata durante la gravidanza. Le caratteristiche bio-patologiche sono simili a quelle dei carcinomi diagnosticati in donne giovani non gravide. Spesso il PABC viene diagnosticato in fase più avanzata a causa della possibile difficoltà nel riconoscimento dei segni e sintomi di sospetto.
La gestione del PABC è complessa e richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge il senologo, il radiologo, il chirurgo, l’oncologo, il ginecologo, il neonatologo e lo psicologo, per affrontare le diverse problematiche biologiche, cliniche e psicologiche.

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